RESTAURO MONUMENTALE
Restauro Chiese, Ville, Palazzi e Castelli
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- Arzignano (VI) Cinta Muraria
- Arzignano (VI) Rocca Scaligera
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- Marostica (VI) Castello Superiore e Cinta Muraria
- Marostica (VI) Castello Inferiore
- Montebello (VI) Castello dei Maltraversi
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RESTAURO MONUMENTALE - REALIZZAZIONI
CINTA MURARIA DI ARZIGNANO (VI) - sec. XIV
Restauro conservativo, ripristino filologico e consolidamento statico.
Progettazione, Direzione Lavori e Coordinamento Sicurezza.
COMMITTENTE: Parrocchia della Visitazione B.V. Maria in Castello di Arzignano (VI)
PERIODIO DELLA PRESTAZIONE: 1998-2003
I tratti di mura di proprietà parrocchiale - le porzioni di cinta che fiancheggiano il Sagrato e la Chiesa Parrocchiale, oltre a quelle di pertinenza del palazzetto seicentesco adibito a Opere Parrocchiali - presentavano, prima dell'intervento di riqualifica dell'antico Castello di Arzignano, gravissimi ed evidenti dissesti statico-strutturali determinati da diversi fattori, imputabili in primo luogo alla vetustà della costruzione ed alla particolare tecnica costruttiva. Questi infatti sono realizzati secondo la tecnica “a sacco”, con l’impiego di rocce vulcanoclastiche (“brecce basaltiche d’esplosione”) e con materiali lapidei per lo più di recupero, mattoni e frammenti laterizi eterogenei.
Dalle indagini mineralogiche, eseguite su diversi campioni, si manifestava un degrado particolarmente accentuato dei leganti, generalmente costituiti da una malta friabile di calce grumosa, piuttosto povera. L’inconsistenza dei leganti originari si estendeva per tutta la profondità delle murature portanti. Nel caso di murature a sacco, prive di intonaco e non protette, il dilavamento di un legante, spesso povero, causato dagli agenti atmosferici, provocava una rapida disgregazione della struttura muraria. Altri fattori di degrado erano di tipo litologico-geotecnico, legati al rapporto terreno-struttura di fondazione. Il terreno del colle ove sorge il complesso della Rocca è costituito da rocce vulcaniche, in origine sane e di buona consistenza. Un campagna di indagine ha rilevato che i manufatti di fondazione o sono inesistenti o, al massimo, realizzati con un grossolano basamento posto a poca profondità rispetto al piano di campagna. In gran parte questi manufatti risultavano allo scoperto o quasi, in seguito al dilavamento della parte argillificata del terreno di fondazione originario.
All’interno della cinta era stato eseguito, all’origine, un livellamento del suolo con riporti anche consistenti di materiale proveniente da scavi e/o demolizioni locali. Segni di cedimenti, in vari tratti della cinta, erano avvenuti anche in un passato più o meno remoto, soprattutto lungo la scarpata a valle, ove si era intervenuti a più riprese ed in diversi punti, ridossando muri a gravità. In definitiva i dissesti erano imputabili a scarse e talora inesistenti opere di fondazione oltre che dalla scarsa resistenza del litotipo all’azione degli agenti esogeni, con conseguente alterazione ed argillificazione, e quindi facile erosione e dilavamento del terreno nell'arco di diversi secoli. La presenza di riporti all’interno del settore lesionato, e quindi di un notevole dislivello fra il piano di campagna all’interno e all’esterno della cinta muraria, ha favorito la spinta a valle. Inoltre la forte acclività della scarpata a valle della cinta muraria, e la mancanza di vegetazione protettiva e/o adeguato inerbamento del suolo delle scarpate, ha determinato la formazione di solchi di erosione accelerata. Non è stata esclusa comunque l’esistenza di un movimento franoso del terreno, data la sua natura litologica.
Dall’analisi dello stato di fatto emergeva la necessità di effettuare interventi per il consolidamento dell’insieme terreno-strutture difensive. Sulla scorta di una ricerca storica relativa alle diverse fasi di costruzione del complesso, e alle tecniche e tipologie costruttive adottate, sono stati eseguiti i prelievi delle malte, degli intonaci e dei laterizi, per effettuare le prove chimico-fisiche necessarie per l’intervento. Scopo delle indagini la valutazione delle aterazioni chimico-fisiche prodotte sull’efficienza statica delle malte e delle murature e l’individuazione del grado di compatibilità d’uso di malte di nuova produzione. Alla luce di quanto emerso dalle analisi è stata confermata l’ipotesi iniziale di progetto sulla scarsa necessità di aumentare la resistenza strutturale della cinta muraria, riconfermandosi l’ipotesi di un buon ripristino superficiale e interno nello spessore della muratura, e di un riempimento delle fughe dove necessario, operando un consolidamento localizzato da eseguire mediante il riallettamento, con eventuale sostituzione dei materiali nelle parti maggiormente degradate.
In base anche alle risultanze delle prove geognostiche, eseguite in corrispondenza di lesioni e dissesti statici , sono stati previsti interventi di consolidamento dei tratti della cinta muraria e delle torricelle, mediante interventi di stilatura e ricucitura dei paramenti murari in pietra nera basaltica e mattoni, e protezione del dorso sommitale della muratura con stuccature a base di calce. Il tutto previa rimozione delle integrazioni cementizie compresi i “dorsi d’asino”, realizzati recentemente in più punti, e la completa disinfestazione dalla vegetazione che, cresciuta sull’apparato murario, ha causato fenomeni di decoesione e disgregazione.
Opera di grande importanza è risultata essere il ripristino – ove possibile - del drenaggio al piede delle mura di cinta e regolazione delle acque piovane di ruscellamento, provenienti dalle parti più elevate all’interno della cinta, e loro convogliamento al di fuori del settore dei riporti, con la riapertura degli sgrondi e dei doccioni originari e la successiva realizzazione di sottofondazione e sottomurazione, eventualmente a contrafforte, eseguiti con sasso di basalto per la parte destinata a rimanere fuori terra. La profondità di posa di tale manufatto non dovrà essere inferiore a cm. 60 e comunque tale da incontrare la roccia sana.
Inoltre si è attuato il consolidamento del pendio cedevole attraverso la creazione di strutture di contenimento e posa in opera di micropali. In particolare nei tratti dove la cinta muraria presentava i danni maggiori per disgregazione della muratura, crolli, cedimenti localizzati e vistosi fuori-piombo, è stato realizzato il consolidamento statico dei brani murari con inserimento a scomparsa di tiranti in ferro di tipo tradizionale entro lo spessore della muratura, in modo da garantire il ripristino della continuità strutturale.
Il progetto approvato dalla competente Soprintendenza B.A.P. ha previsto il ripristino filologico e integrazione dei manufatti lapidei del cammino di ronda, e del parapetto merlato in quei tratti della cinta dove la struttura a sporgere in beccatelli in mattone.
Il criterio che ha ispirato e guidato l’intervento è stato un atteggiamento di umiltà e fiducia nei confronti di questa straordinaria testimonianza storica. Difficile umiltà in tempi quali questi sistemi poveri e precari possono essere snaturati e manomessi da tecnologie tanto invasive ed estranee quanto onnipotenti, “scientifiche” e quindi obbligate, non foss’altro dalla nostra prassi scontata e abituale. Difficile fiducia in materiali e tecniche costruttive risalenti al neolitico. Difficile soprattutto di fronte a un sistema fortificato millenario, un organismo possente e fragile insieme, già in situazione di collasso statico. E’ stato curato e riportato in salute un organismo in precarie condizioni statiche, senza interventi lesivi o invasivi, solo impiegando le stesse tecniche e gli stessi materiali con i quali è stato costruito e tante volte riparato ed integrato, con gli stessi accorgimenti che andavano scoprendo e imparando propria dall’osservazione, nel corso del lavoro. Poiché, quella che avevamo davanti era una sorta di costruzione continua, continuamente ripresa nel tempo, non soltanto per gli adattamenti alle diverse esigenze ma anche e soprattutto per mantenerla in vita.